Profanazione delle tombe, cos’è?
La profanazione della sepoltura, o profanazione della tomba, è un atto sacrilego che consiste nel danneggiare i luoghi di riposo dei defunti: si pensi al rimuovere una lastra, estrarre una bara, strappare i fiori, rovinare gli articoli di sepoltura in cimitero, e così via. Un atto grave, motivato spesso dal furto (di oggetti o metalli preziosi), dalla ricerca di un atteggiamento di pubblica “trasgressione”, dal razzismo o da altre determinanti che, per quanto ovvio, non giustificano un simile reato.
La profanazione delle tombe nel codice penale: cosa si rischia
Il legislatore italiano disciplina la profanazione delle tombe nell’art. 408 del codice penale, laddove indica che “chiunque, in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, commette vilipendio di tombe, sepolcri o urne, o di cose destinate al culto dei defunti, ovvero a difesa o ad ornamento dei cimiteri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.
L’art. 408 c.p. ci offre un buon spunto per compiere alcune interessanti riflessioni. In primo luogo, sebbene si parli genericamente di “profanazione delle tombe”, in realtà il vilipendio può riguardare più genericamente qualsiasi elemento destinato al culto dei defunti, come i sepolcri o le urne, o ancora gli ornamenti e le lapidi.
In secondo luogo, non sfugga come il legislatore abbia compiuto un interessante richiamo agli “altri luoghi di sepoltura”, intendendo per tali tutti quelli in cui si trova una tomba, un sepolcro o è seppellito un cadavere: si pensi agli ossari di guerra, ai sepolcreti provvisori e ad altre aree adibite per tale occasione.
Infine, si consideri come il richiamo alle “cose destinate al culto dei defunti” e quello delle cose “destinate a difesa o ad ornamento dei cimiteri” è invero piuttosto ampio: rientrano tra le prime, a titolo di esempio, croci, immagini sacre, lampade, fotografie, candelabri; tra le seconde, cancelli, porte, monumenti, mura, recinzioni.